Iscrizioni - Prima parte


Introduzione

E' da notare che a Treglia, come in generale nell'agro trebulano, non sono state rinvenute iscrizioni risalenti al periodo medioevale. Per quanto riguarda il supporto delle iscrizioni, esso è costituito prevalentemente di calcare locale e sono rari i casi in cui è di marmo. Le epigrafi sono state rinvenute quasi tutte nell'area del parco archeologico di Treglia, tranne alcune rinvenute nel territorio di Formicola. In passato, si trovavano raccolte in buona parte nella chiesa di San Secondino in Treglia, chiesa che oggi non esiste più e che era ubicata in località Ortole. Altre epigrafi si trovavano in case private a Treglia o a Formicola. Oggi, le epigrafi si trovano custodite nei seguenti luoghi: al museo campano di Capua, all'Antiquarium di Santa Maria C.V., al museo di Calvi Risorta e a Formicola. Da precisare che, nel 1930, a Formicola fu istituito, per volere dell'arciprete Michele Fusco, un piccolo Antiquarium, oggi non più esistente. Attualmente alcune epigrafi trebulane si trovano in una stanza sotto la sede comunale; in essa le epigrafi sono custodite in modo indecoroso, abbandonate sul pavimento e coperte dal cemento al punto tale da comprometterne seriamente la leggibilità. Di seguito sono elencate le iscrizioni di maggiore importanza; notiamo che il testo compreso tra parentesi tonde rappresenta l'integrazione di una frase, per esempio AUG viene tradotto con AUG(USTUS); invece, il testo tra parentesi quadre rappresenta una probabile ricostruzione di parti di testo che risultano illeggibili o andate perdute.


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[M. Aelio] Aurelio
[Ve]ro
[Caesari, Imp(eratoris)] Caesaris
[Titi Aelii] Hadriani
[Anton(ini) filio
divi Hadr(iani)] Aug(usti)
[nepo]ti
[d(ecreto)] d(ecurionum).

Di provenienza ignota, ora a Formicola. Si tratta di Marco Aurelio il quale, dopo la sua adozione da parte di Antonino Pio il 25 Febbraio del 138, si chiamava M. Aurelius Verus ed ebbe il titolo di Caesar all'inizio del 139. L'iscrizione sembra stata innalzata in uno di questi due anni; infatti, nel 140 Marco Aurelio fu console per la prima volta e, se l'iscrizione risalisse ad un'epoca posteriore al 139, troveremmo menzione del suo consolato. Forse si potrebbe restringere ancora la datazione al 138, visto che nelle iscrizioni dedicategli in Italia egli porta raramente il cognome Verus e ciò sarebbe più facile da supporre prima della sua elevazione a Caesar(Verus gli proveniva dal padre naturale M. Annius Verus). Tenuto conto di queste considerazioni, si può proporre la seguente traduzione: "A Marco Elio Aurelio Vero Cesare(?), figlio dell'imperatore Cesare Tito Elio Adriano Antonino, nipote del divo Adriano Augusto, per decreto dei decurioni".


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M. Iulio Phi
lippo, nobi
lissimo Caes(ari),
principi iuventu
ti(s), filio Imp(eratoris) Cae(saris)
M. Iuli Philippi
Pii fel(icis) Aug(usti),
d(ecreto) d(ecurionum).

Si tratta di una base calcarea rinvenuta a Treglia e nella parte superiore ci sono i fori per l'ancoraggio della statua. E' custodita ora nel museo campano. La traduzione è la seguente: "A Marco Giulio Filippo, mobilissimo Cesare, princeps della gioventù, figlio di Marco Giulio Filippo, benigno e felice Augusto, per decreto dei decurioni" . Si tratta di una iscrizione onoraria dell'anno 248 per il figlio dell'imperatore Filippo.


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[Sal]onine
Aug(ustae),
coiugi d(omini) n(ostri)
Gallieni Aug(usti),
d(ecreto) d(ecurionum)

La traduzione è la seguente: "A Salonina Augusta, moglie del nostro signore Gallieno Augusto, per decreto dei decurioni"


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P. Licinio
Cornelio
Valeriano,
nobilissi
mo Caes(ari),
d(ecreto) d(ecurionum).

Fu rinvenuta a Treglia, dove fu vista da Mommsen e Duhn, ora nel museo campano. La traduzione è la seguente: "A Publio Licinio Cornelio Valeriano, nobilissimo Cesare, per decreto dei decurioni" . Si tratta del figlio maggiore di Gallieno e Salonina; l'iscrizione è databile tra Settembre 256 e l'estate 258.


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M. Marius N. f. Sophus,
M. Rufrius N. F. Cimber,
IIIIvir(i) quin(quennales) aquam
adduc(endam), lacus f(aciendos) ex
d(ecurionum) d(ecreto) c(uraverunt)

Si tratta di una vasca quadrangolare in calcare rinvenuta incastrata nel muro di una casa colonica denominata castello, a circa due chilometri da Formicola. In proposito, esiste una vaga notizia contenuta in un registro-inventario del 1859 ove il parroco di Lautoni, don Achille Melchiori, afferma che la vasca sarebbe servita nel medioevo per amministrare il battesimo per immersione. La traduzione è la seguente: "Marcus Marius Sophus, figlio di Numerius, e Marcus Rufrius Cimber, figlio di Numerius, quattuorviri quinquennali, fecero, per decreto dei decurioni, derivare l'acqua e costruire bacini". Siccome il documento è stato ritrovato non lontano da Formicola è senza dubbio da ascriversi a Trebula, appartenendo Formicola al territorio trebulano. I due quattorviri sono quindi di Trebula ed è interessante notare che, mentre Marius è diffuso dappertutto in Campania, Rufrius era finora attestato nella stessa regione solo a Trebula. Interessanti sono anche i cognomi. Sophus non è certo da dove provenga; non è un vecchio nome greco o, almeno non fu in uso nell'onomastica classica greca. La sua storia comincia a Roma, come cognome di un console nel 304 a.C., ma non è chiaro il motivo della sua origine. Nella Campania potrebbe riflettere l'influsso della Magna Grecia, dove tuttavia non fu usato. Vista l'età dell'iscrizione e l'alto status del portatore, non sembra trattarsi di una famiglia di origini libertini. Rimane quindi un po' oscura la storia di questo cognome. Cimber fu invece un nome diffuso, attestato già nell'epoca repubblicana. La forma delle lettere dimostra che l'iscrizione è dell'ultimo periodo repubblicano.


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D(is) M(anibus) S(acrum)
C. Terentio
C. fil. Pal(atina)
Charino,
Pr(aefecto) i(ure) d(icundo) montis
Dianae Tif(atinae),
C. Terentius
Hypercompus
filio bono
contra votum.

Questa epigrafe fu indicata per la prima volta a Pontelatone dal Mazzocchi, "nella porta occidentale del castello di Pontelatone" da Pasquale Iadone; fu poi a Formicola, oggi si trova al museo campano. La traduzione è la seguente: "Sacro agli Dei Mani. A Gaius Terentius Charinus, figlio di Gaius, della tribù Palatina, prefetto giusdicente del monte di Diana Tifatina, Gaius Terentius Hypercompus, al figlio buono, contro il suo desiderio". Da questa epigrafe si evince che Terentius Charinus avrebbe esercitato la sua giurisdizione nell'area del monte Tifata. Stupisce trovare nel nostro distretto una iscrizione lapidaria di questo tipo in quanto il monte Tifata è appartenuto con sicurezza al territorio di Capua; ma, probabilmente, per il suo carattere sacro, all'area di Diana fu data una qualche autonomia giurisdizionale. Terentius Charinus apparteneva alla tribù Palatina e, di conseguenza, era probabilmente figlio di liberto (i liberti erano gli schiavi liberati), visto che alla tribù Palatina si trovavano iscritti molti figli di liberti. Poteva essere un capuano sepolto nel territorio di Trebula. Charinus è un nome greco, alquanto attestato anche a Roma, mentre Hypercompus rappresenta un'assoluta novità perché non ci sono attestazioni nell'onomastica greco-romana. L'iscrizione risale probabilmente al II secolo d.C.


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[ex te]stamento
(sestertiis) LX+ arbitratu
Anteronis l(iberti)

Blocco in calcare. Fu rinvenuto a Treglia, dove lo videro Duhn e Mommsen; ora si trova a Formicola. La traduzione è la seguente: "Per disposizione testamentaria, con (tot) sesterzi, con l'arbitrato del liberto Anteros". Anteros è un nome diffusissimo nell'età repubblicana e nel primo secolo d.C.; da ciò si può desumere che l'iscrizione è senza dubbio della primissima età imperiale.


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arbitratu
Antiochi l(iberti)

Questa epigrafe in calcare si trovava inizialmente nella chiesa di San Secondino; ora si trova nel museo campano. La traduzione è la seguente: "Con l'arbitrato del liberto Antiochus". L'iscrizione era formata probabilmente da più blocchi, come si può dedurre dalla presenza di fori nella parte superiore, destinati a fissare due blocchi tra loro. L'iscrizione in questione risale alla prima età imperiale.


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[---] s N. f. Ruf [---]
[---] Aufustiae [---]
[---] matri [---]

Si tratta di un frammento di un blocco di calcare, mutilo a sinistra e a destra. Fu nella chiesa di San Secondino a Treglia e ora si trova a Formicola. Per le pessime condizioni in cui è conservato, è impossibile dare una traduzione di tale epigrafe. Si può solo affermare che la gens Aufustia era ben diffusa nella Campania settentrionale e attestata già nell'età repubblicana. Questa iscrizione risale alla primissima età imperiale.


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[---E]quitia[--]
[---M]elisse
[---]s[ib]i fec(it)

Questa è una epigrafe di difficilissima interpretazione. Venne ritrovato sul pavimento delle terme durante gli scavi del 1976. Potrebbe trattarsi di un riutilizzo nella costruzione dell'edificio termale.


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M. Marius M. f. Pup(inia)
[S]ophus
M. Mario M. f. Pup(inia)
Luperco
fil(io)

Questa epigrafe risalente alla prima età imperiale fu a Treglia, in casa privata, dove la videro Mommsen e Duhn; ora si trova a Formicola. La traduzione è la seguente: "Marcus Marius Sophus, figlio di Marcus, della tribù Pupinia, a Marcus Marius Lupercus, figlio di Marcus, della tribù Pupinia, suo figlio". Il padre menzionato in questa epigrafe (ovvero Marcus Marius Sophus) potrebbe essere confuso con quello del quattuorviro menzionato nella epigrafe rinvenuta nel territorio di Formicola (vedi sopra); in realtà è più probabile che si tratti del figlio di tale quattuorviro. Si noti la menzione della tribù Pupinia, che era la tribù prevalente dei Trebulani.


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Dis Manibus sacrum
L. Procilio L.f. Primige-
[nio,vi]x(it) a(nnos) XVIIII, d(ies) XXIII
[et---] Secun-
dae mat[ri---]
Ceriali liber[to, - Proci -]
lius Severus sibi
suisque.

Questa epigrafe si trova nell'Antiquarium di Santa Maria C.V. ed è stata rinvenuta a Treglia. La traduzione, con qualche difficoltà, è la seguente: "Sacro agli Dei Mani. A Lucius Procilius Primigenius, figlio di Lucius, che visse 19 anni e 23 giorni, e a Lucius(?) Procilius Severus, figlio di Lucius, e a --- Secunda, madre, e a --- Cerialis, liberto, Lucius(?) Procilius Severus a sé e ai suoi". L'epigrafe in questione risale, molto probabilmente, al II secolo d.C. E' da notare che la gens Procilia è abbastanza nota nell'area campano-laziale.


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L. Saevio L.f.
Pup(inia) Pantiae
patri

Si tratta di una lastra in calcare che si trova all'Antiquarium di Santa Maria C.V. La traduzione è la seguente: "A Lucius Saevius Pantia, figlio di Lucius, della tribù Pupinia, padre". Questa epigrafe della primissima età imperiale è importante in quanto conferma la Pupinia come tribù predominante tra i trebulani. Strano è il cognome Pantia che non può essere formazione latina ma, con tutta probabilità, è di derivazione greca. Per quanto riguarda la gens S(a)evia, essa è ben nota nell'area campana.


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Rufillae sorori

Si tratta di una lastra in calcare locale che si trova nella chiesetta di Sant'Andrea a Casalicchio, dove è stata stondata e riutilizzata per la predella destra dell'altare. La scritta si trova sulla superficie della predella. La traduzione è la seguente: "Alla sorella Rufilla". Nelle condizioni attuali, il verso sembrerebbe a prima vista completo ma, evidentemente, il nome del fratello o sorella che ha curato la sepoltura stava nella parte superiore dell'iscrizione, con una distanza dall'attuale prima riga maggiore di quella tra le due righe conservate.


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D(is) M(anibus) S(acrum)
Valeriae
Ianuariae,
coniugi b(ene) m(erenti),
M. Marius
Adiutor
Fec(it)

Questa epigrafe è stata rinvenuta nella campagna di Treglia e si trova attualmente al museo di Calvi Risorta. La traduzione è la seguente: "Sacro agli Dei Mani. A Valeria Ianuaria, moglie benemerita, Marcus Marius Adiutor fece" . La gens Maria è ben attestata a Trebula e i suoi esponenti appartenevano all'élite locale come dimostra l'epigrafe che menziona Marius Sophus dell'età tardo repubblicana. Possiamo datare l'iscrizione in esame al II secolo d.C. ed essa ci dimostra la presenza della gens Maria a Trebula durante tutto il periodo del principato di Augusto.


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(Epigrafe in lingua osca)

Questa epigrafe, in lingua osca, stata rinvenuta nella campagna di Treglia e si trova attualmente al museo di Calvi Risorta. E' oggetto di studio da parte degli archeologi che ne stanno curando la traduzione. Si tratta indubbiamente di una epigrafe di notevole importanza, per due motivi: è una delle rare iscrizioni in osco rinvenute nel territorio del Sannio ed inoltre, essa rappresenta un altro prezioso pezzo di mosaico per la conoscenza della Trebula sannitica e della civiltà sannita in generale.