Trebula Balliensis - Prima parte


Perché sorse l'antica Trebula?

Il massiccio dei Monti Trebulani , fra la stretta di Triflisco a sud e il passo di Pietravairano (Borgo S. Antonio Abate) a nord, dominato dalla vetta del Monte Maggiore (m. 1037), viene a costituire, dopo la catena del Tifata, una vera e propria barriera che divide la pianura alifana, bagnata dal medio corso del Volturno, dall'agro campano che è bagnato dal tratto inferiore dello stesso fiume. A causa di questo naturale sbarramento il Volturno, dopo aver percorso la piana di Alife ed essersi aperto un varco tra le estreme propaggini del Matese e le propaggini settentrionali dei Monti Trebulani, entra nella piana di Caiazzo e sbocca infine tra i Monti Tifatini e Trebulani, attraverso il solo valico possibile di Triflisco, nella pianura campana.
Due erano i valichi che permettevano di congiungere l'agro campano con quello alifano: il primo, attraverso Pontelatone, Treglia, Liberi e Maiorano di Monte conduceva a Dragoni; il secondo, dopo aver sormontato il massiccio sotto la rocca dominata dall'antica Caiatia, scende con più gradualità ugualmente a Dragoni, attraverso l'agro di Alvignano (antica Cubulteria). La città sannitica di Trebula sorse come centro strategico di difesa del primo valico; inoltre, nel processo di formazione del nucleo insediativo, dovette giocare un ruolo importante la naturale vocazione viaria del luogo: Trebula infatti sorse in un'area importante per i collegamenti tra Lazio meridionale, Campania e Sannio. Alcune armi e oggetti litici ritrovati nella media valle del Volturno hanno permesso di stabilire che ci fossero dei contatti culturali e commerciali tra l'area di Trebula, Cales (Calvi Risorta), Teanum e Rufrae(Presenzano). Una testimonianza tangibile di tali contatti è data dalla presenza di alcuni vasi ad impasto grezzo di simile manifattura e dall'ampia diffusione del bucchero rosso in tutte le aree summenzionate.
La finalità strategica di Trebula sannitica trova la massima espressione nell'imponente cinta muraria e nell'acropoli del colle Monticelli (477 m.) il quale sovrasta il pianoro, denominato La Corte, ove sorgeva l'abitato della città antica.
Ma l'aspetto topografico dell'antica Trebula è stato sempre così come lo conosciamo oggi? Ovvero, il centro abitato della città è stato sempre sul pianoro La Corte?
Per rispondere a questa domanda è indispensabile osservare quanto segue; ai piedi del colle Monticelli, a pochi metri dall'inizio del pianoro La Corte e all'interno del circuito murario, sono state ritrovate delle tombe sannitiche. Ora i Trebulani, come tutti i Sanniti, usavano seppellire i morti al di fuori del nucleo abitativo; questo implica che in origine il centro abitato non insisteva sul pianoro ma si limitava alla sola acropoli di Monticelli. Con tutta probabilità, Trebula sorse in origine come semplice fortificazione a controllo del suo valico; successivamente, con l'incremento demografico e con la minaccia insistente dei Romani, il nucleo abitativo si spostò sul pianoro, determinando la necessità di costruire la cinta che lo delimita. Nell'Italia centro-meridionale esistevano diverse città di nome Trebula distinte tra loro tramite dei soprannomi: Trebula Mutuesca (attuale Monteleone Sabino, Rieti), Trebula Suffenas (attuale Ciciliano, presso Tivoli) e Trebula Balliensis (attuale Treglia). La popolarità di questo toponimo trova una spiegazione nella radice treb- che significa gruppo di case sparse. Secondo alcuni studiosi (cfr. Solin) la pronuncia del nome Trebula doveva avvenire con la e lunga.

Periodo sannitico

La storia di Trebula è esigua a causa della mancanza di una sistematica campagna di scavo e della scarsezza di riferimenti storici. Nel 1758 e nel 1766 furono eseguiti degli scavi ad opera dell'ambasciatore inglese Hamilton ed essi misero in luce diverse strutture; una tomba in particolare attirò allora l'attenzione di numerosi appassionati d'arte; la tomba era a cassa realizzata in grossi blocchi di tufo, la cui tecnica costruttiva è di tipologia sannitica, così come tradizionali erano gli elementi del corredo, ascrivibili alla seconda metà del V secolo a.C.
Riguardo l'ubicazione della necropoli sannitica, alcune notizie riferite oralmente dagli abitanti di Treglia permettono di identificarla grossomodo nell'area posta ai margini settentrionali dell'attuale abitato di Treglia, in località Ortole. Qui, difatti, negli anni 60, vennero alla luce alcune tombe a cassa assimilabili alla tipologia summenzionata. Per ciò che concerne la necropoli dell'età romana, non è nota al momento la sua ubicazione. I Sanniti non ci hanno tramandato documenti storici per cui i riferimenti a Trebula provengono esclusivamente dagli storici dell'antica Roma.

Amministrazione

Trebula rimase indipendente per tutto il periodo delle guerre sannitiche; dopo la vittoria romana su Pirro (272 a.C.), le città che appartenevano al distretto dei Caudini, tra cui c'era Trebula, furono obbligate a stringere trattati di alleanza separati con Roma. Ciò significa che Trebula divenne una civitas federata, ovvero alleata di Roma ma nominalmente indipendente. La notizia di Tito Livio (Livio,X,I), "Arpinatibus Trebulanisque civitas data", sulla cittadinanza concessa dai Romani ai Trebulani è da riferirsi senza dubbio alla Trebula Suffenas e non Balliensis. (cfr. Solin). Durante la seconda guerra punica Trebula, assieme ad altre città italiche, defezionò da Roma alleandosi con Annibale; fu però riconquistata da Fabio Massimo che, nel 215 a.C. la espugnò assieme a Cubulteria(Alvignano) e Austicula, anche esse passate dalla parte di Annibale (Livio, XXIII,39). Austicula è una località menzionata da Livio solo in questa occasione e la sua ubicazione è ignota. Dopo la seconda guerra punica, Trebula rimase una civitas federata fino ai giorni della guerra sociale, in seguito alla quale Roma estese la cittadinanza a tutti i popoli italici.
Fu allora che Trebula divenne un municipio retto da quattuorviri iuri dicundo. Infatti, il quattuorvirato era la magistratura tipica dei municipi sorti da città ex alleate. Nell'epoca tardo-imperiale Trebula fu retta da duoviri; i motivi di tale cambiamento sfuggono. Il titolo di municipium non compare esplicitamente nelle iscrizioni trebulane ma è riferito nel Liber Coloniarum, in cui si fa riferimento alla parcellizzazione agraria attuata a Trebula al tempo di Augusto. Il Liber Coloniarum corrisponde pressappoco al moderno archivio catastale. Accanto ai quattuorviri erano gli Edili che si occupavano della gestione di strade ed opere pubbliche, ma non sono attestati da documenti epigrafici. Ci è pervenuta una epigrafe, di epoca tardo-imperiale, in cui si fa riferimento a un notabile locale (Lucio Alfio Fannio) che ebbe la carica di questore, curatore del frumento; inoltre viene ricordato come ex sacerdote.
Nella stessa iscrizione il consiglio municipale di Trebula viene ricordato col nome orgoglioso di "senatus populusque Trebulanus" mentre in un'altra iscrizione della stessa età viene ricordato come "ordo populusque Trebulanorum". Nelle epigrafi sono menzionati i decurioni e gli Augustales. La tribù a cui erano iscritti i Trebulani era la Pupinia, come attestato in varie epigrafi.

Infrastrutture della città

E' difficile stabilire con precisione l'epoca di formazione della città romana; si può ragionevolmente affermare che, molto probabilmente, in seguito alla costituzione del municipium, sia stato attuato un razionale progetto urbanistico. Ovviamente, risulta parimenti difficile stabilire l'interrelazione tra le diverse aree e gli edifici a destinazione pubblica e privata, nonché la rete stradale interna alla città. E' tuttavia possibile riconoscere le varie infrastrutture. La piazza (forum) era situata nell'area centro-orientale del pianoro La Corte che fiancheggia la strada provinciale Treglia-Liberi (Fig. 1); infatti alcuni blocchi in calcare sono visibili lungo il fosso di scolo che fiancheggia la provinciale ed essi erano impiegati per il lastricato del foro.
Il teatro, invece, messo in luce durante gli scavi effettuati a Treglia verso la fine dell'800 da Domenico Carafa figlio del principe Michele Carafa, è orientato a sud-ovest (Fig. 1) ed è plausibile che esso si affacciasse su uno degli assi viari della città. Infatti, in via del tutto ipotetica, possiamo immaginare una strada che congiungeva il foro con la porta occidentale della città. Lungo tale strada avrebbe dovuto trovarsi il teatro. La cavea, ossia l'area destinata al pubblico costituita da gradinate semicircolari, ha un diametro di circa 30 metri e sarebbe stata realizzata sfruttando il lieve pendio del terreno su cui sorge il teatro stesso. Più precisamente, la cavea sarebbe stata in parte scavata nella roccia e in parte costruita su strutture di sostegno. Il teatro viene datato alla prima metà del II secolo d.C., ma non è possibile avere un riscontro diretto in quanto l'edificio è interrato, impedendo in tal modo un esame specifico delle murature.
Più avanti del foro, lungo la carreggiata di collegamento con località Le Campole, si trovano le terme (Fig. 1) che diedero alla città l'appellativo di Balliensis. Ne fa menzione Plinio nella sua Naturalis Historia (3,64). L'acquedotto che alimentava le terme e il resto della città traeva origine dalle sorgenti poste alle pendici del Monte Friento. Le due sorgenti in questione, ancora oggi attive, sono situate a poca distanza l'una dall'altra; l'una era denominata Chorcicon (Corcica) e l'altra Cersicon (Ciesco). L'acquedotto, scendendo lungo il pendio della montagna e seguendo un andamento nord-ovest, si dirigeva verso la città dove trovava il suo punto d'ingresso poco a sud del ponte Tora. Qui, infatti, sono visibili i resti di una struttura in opera laterizia che era il castellum aquae, ovvero il serbatoio di raccolta dell'acqua (Foto A).
E' interessante osservare che il serbatoio si trovava addossato (o perlomeno nelle vicinanze) alle mura orientali del circuito murario. Questa caratteristica è in pieno accordo con i principi di architettura di Vitruvio, il più famoso architetto dell'antichità. Dal serbatoio dovevano partire poi le varie diramazioni che alimentavano la città e, in particolare, le terme.

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Fig. 1: Pianta archeologica di Trebula Balliensis. In rosso il circuito murario,in blu il torrente Rio Maltempo, in verde la strada provinciale, in arancione le porte di accesso.


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Fig. A: Resti del castellum aquae